Lascia allibiti il resoconto
dell’audizione, in data 17 gennaio 2017, presso le commissioni congiunte
Finanze e Tesoro di Camera e Senato, del capo del Dipartimento vigilanza
bancaria e finanziaria della Banca d'Italia, Carmelo Barbagallo, e del
direttore generale dell'Abi Giovanni Sabatini. Audizione in merito al Decreto del
23 dicembre 2016 che prevede la garanzia dello Stato sull’emissione di
obbligazioni bancarie per garantire liquidità alla banca e stanzia un fondo di
20 miliardi per la ricapitalizzazione precauzionale della banca insolvente agli
stress test e per la tutela dei risparmiatori in disapplicazione delle
disposizioni sul cosiddetto bail-in (ovvero la ricostituzione del patrimonio nel
rispetto del principio che azionisti e creditori siano i primi a subire perdite).
Il capo del Dipartimento
vigilanza bancaria e finanziaria di Bankitalia, Carmelo Barbagallo,
dichiara che il decreto banche all'esame della commissione Finanze del Senato
"rappresenta una misura fondamentale nel percorso di graduale uscita dalla
crisi del nostro Paese". Cioè il
Paese è in crisi perché è sfuggito alla Vigilanza che il sistema bancario stava
progressivamente cadendo in profonda crisi? Quanto al burden sharing, la
condivisione degli oneri del salvataggio da parte dei risparmiatori, dichiara:
"è una condizione necessaria, prevista dalla disciplina europea; coinvolge
gli investitori in strumenti subordinati, riducendo corrispondentemente l'onere
per lo Stato". Aggiungendo però che "il meccanismo di ristoro per i
sottoscrittori al dettaglio di questi strumenti è motivato dalla necessità di
evitare che venga intaccata la fiducia che i risparmiatori ripongono nelle
banche, e dalla necessità di tutelare, in una fase di transizione alla nuova
normativa, soggetti che potevano non aver compreso la natura degli strumenti
subordinati sottoscritti in passato". Il
contribuente è chiamato a pagare per l’ignoranza finanziaria-la sventatezza del
risparmiatore a caccia del miglior rendimento o per la mancata segnalazione, di
competenza della Vigilanza, dei bancarottieri-dei treccartari a caccia del
risparmiatore? Il capo Dipartimento della Vigilanza pensa di ridare fiducia ai
risparmiatori senza garantire che vigilerà e senza indicare come? Ad
abundantiam, in relazione alle crisi già in atto, spiega che "la
definizione della vendita delle quattro banche rende necessario per il Fondo
sostenere ulteriori oneri, il cui valore residuo ammonta a 1,5 miliardi".
E quindi "utilizzando le norme contenute nella legge di stabilità per il
2016 e nel Regolamento sul Meccanismo unico di risoluzione, con l'approssimarsi
della fine del 2016, la Banca d'Italia ha disposto il richiamo di due quote
contributive, per un ammontare complessivo pari a 1,5 miliardi". Cioè, al Capo della Vigilanza sono sfuggiti
1,5 miliardi di nuove perdite accumulate da Banca Etruria, Banca Marche,
Cari-Ferrara e Cari-Chieti e non si preoccupa di giustificarle ma addirittura pensa
di appropriarsi di fondi che il contribuente non ha ancora deciso di pagare?
Il direttore generale dell'Abi Giovanni Sabatini
ritiene
che il decreto inciderà positivamente sul clima di fiducia in quanto trova il
giusto equilibrio tra tutela della stabilità, protezione dei risparmiatori e
rispetto del quadro normativo europeo". Cioè il risparmiatore riacquista fiducia nella banca se adesso paga gli
errori del banchiere come contribuente e, dopo, li pagherà come cliente perché
nessuno vigila? Il Direttore ricorda il ruolo importante giocato dalle
banche nelle strategie di superamento della crisi: "con riferimento alla
norma che consente di spalmare i contributi addizionali al Fondo di risoluzione
nazionale in cinque anni, giova ricordare che si tratta di contributi che tutte
le banche sono state e sono obbligate a versare per far fronte ai problemi di
quelle in difficoltà. In nessun altro settore dell'economia si prevede che il
salvataggio dei soggetti in crisi sia posto a carico dei concorrenti,
comprimendone la redditività". Cioè
il Direttore generale dell’Abi suggerisce che per evitare altre audizioni su
altri decreti di salvataggio e garantire la redditività della banca sia opportuno
istituire a carico del contribuente un Fondo permanente salva-banche? Singolare che anche in
audizione il Direttore Sabatini chieda misure di trasparenza non per i
banchieri ma per i "nominativi delle principali persone fisiche e
giuridiche che si sono rivelate debitori insolventi verso tali banche oggetto
dei due decreti legge". Cioè non
sono i banchieri che hanno sbagliato a prestare soldi ma i clienti che li hanno
chiesti, li hanno ottenuti, li hanno spesi come hanno voluto, non sono stati
chiamati in tempo a restituirli e non li hanno restituiti?
Il
contribuente chiamato a pagare capisce perché il cosiddetto “mercato” si è
sfilato e si chiede perché debba pagare e quale fiducia possa avere nella sua
banca.
La Vigilanza non dichiara l’impegno a misure che escludano nuovi decreti
salvabanche-nuove chiamate a portare l’oro per il salvataggio del Paese. L’Abi,
l’associazione dei banchieri, suggerisce al contribuente che se vuole diventare
cliente di una banca, per essere sicuro di non rimetterci soldi suoi e per
scongiurare altri decreti salva-banche, deve accertarsi (la Vigilanza non
vigila) che tra la clientela della banca non ci siano farabutti che chiedono
soldi (che non meritano ma che ovviamente la banca non rifiuta) e che poi non
li restituiscono. Oltretutto, come d’abitudine, la Nemesi carogna fa l’eco
all’audizione del 17 gennaio 2017, portando alla ribalta, in pari data, la
solita scoperta del solito sbeffeggio al contribuente facilitato dalla banca che
ricicla “nero”. La
Gdf di Varese informa, il 17 gennaio 2017, di avere scoperto un’organizzazione,
con basi in Italia, Lussemburgo, Svizzera, Caraibi e Londra che attraverso una
vasta rete di collaboratori comprendente anche promotori finanziari, ha indotto
oltre 200 privati risparmiatori ed investitori ad impegnare cospicue provviste
di denaro (circa 20 milioni di euro), in un “progetto” immobiliare denominato
“Puerto Azul”. Le disponibilità finanziarie dei clienti provenivano anche da
facoltosi imprenditori, i quali avevano necessità di reinvestire denaro frutto
di evasione fiscale delle proprie aziende accumulato in banca (il caso più
eclatante ha riguardato la somma di 6,5 milioni di euro). Cioè il contribuente è chiamato a salvare la banca senza avere la
fondata speranza di non perderci quattrini, di non essere richiamato a pagare
per altre banche e senza neanche avere
la garanzia che la banca salvata non lo sbeffeggi praticando impunemente il riciclaggio
del “nero”? Una prassi che spiega perché, nonostante la più grande crisi
dal 1930 e l’evidente impoverimento di tutti i contribuenti, il Direttore
generale dell’Abi possa in audizione celebrare il continuo aumento delle consistenze
dei depositi degli italiani: la variazione annua in valore assoluto dei
depositi al 31 dicembre 2016 è pari a più 54,6 miliardi, con una crescita del
4,2% annuale, il totale passa così a 1.367.088 milioni di euro e la crescita è
stata costante lungo tutto l'ultimo quinquennio di crisi, nel 2011 infatti i
depositi erano pari a 1.191.804 milioni. Una prassi alla luce del sole che la
Vigilanza non vede, almeno dal 1994, come attesta un’esemplificativa
documentazione, reperita presso una medio-piccola ma significativa banca, che insegna
come un imprenditore può costruirsi quel fondo nero di 6,5 milioni di euro che
la Gdf ha scoperto il 17 gennaio 2017.
La
banca autorizza l’apertura di conti intestati all’amministratore di una società
ed ai suoi familiari per riciclare il “nero” aziendale e su quei conti concede
affidamenti per tenere sotto controllo l’utilizzo delle disponibilità “nere”
accantonate ma non ancora liquide.
Il conto corrente dell’amministratore della società viene
aperto per gestire la movimentazione “non ufficiale” della società
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La deontologia vincola la gestione del “nero” al rispetto
delle cautele d’uso:
1-plafond di nero
accettabile (fido sbf assegni autorizzato dai competenti Servizi centrali)
2-pegno su titoli
3-benefondi e
richiesta di informazioni alla banca gestore del conto della società (il nero
è talmente solido da giustificare un altro conto nero con giro miliardario)
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Il flusso nero è talmente esagerato da imporre un
frazionamento su più conti per non apparire sospetto. Vengono quindi aperti i
conti intestati alla madre, alla nonna, alla moglie che ovviamente si portano
dietro un po’ di ricchezza personale costruita sul nero.
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Malauguratamente la società va troppo bene, presenta incrementi
eccessivi di fatturato e quindi un collaterale incremento di nero.
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L’etica del business giustifica tutto
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E’ somma goduria per i contribuenti,
soprattutto se con unico reddito tassato alla fonte, sapere che la fabbrica del
“nero” è anche stata sontuosamente finanziata con il loro portafoglio e che gli
incentivi allo sviluppo hanno prodotto i loro positivi effetti ovviamente
incentivando anche il “nero”.
La legge
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